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Assunzioni straordinarie del Piano Renzi-Giannini: I Chiaroscuri della Scuola ovvero l’Urlo dei Precari

Pennellate fugaci e superficiali, a immettere della materia opaca e dissonante su una tela sfilacciata per abuso di rimaneggiamenti maldestri: no, non si tratta di una pittura mal riuscita ma della stesura volutamente frettolosa di un piano legislativo che ha stravolto ogni verosimiglianza descrittiva, la storia e la  tradizione di un oggetto estetico delicato e complesso, quale quello della scuola italiana.

 

Ecco come si è ridotta Scuola, dopo la Riforma Scolastica Renzi-Giannini, scritta di fretta, senza sapienza ed estorta a colpi di fiducia, al fine di rimediare, almeno stando agli slogan ufficiali, al dramma tutto italiano della “supplentite”: Scuola si è improvvisata modella, tirata su a colpi di maquillage volgare, parrucche finte e panciere contenitive; tirata a lucido e risucchiata nel collagene per sembrare traslucida ed risoluta, mentre sotto covano le sedimentazioni arcaiche di tutti suoi sfruttamenti. Scuola diviene una modella gitana, corre in lungo e in largo per lo stivale nazionale, al seguito di tutto il corteo rocambolesco dei suoi pigmalioni: non rispettando precedenze, strisce pedonali e senza pagare tasse di soggiorno, Scuola ha portato la rivoluzione in città, facendo vivere ai docenti italiani un incubo ad occhi aperti, dal quale ancora molti, increduli e sbigottiti per la massiccia dose di incompetenza profusa in questo piano di legge, esitano a destarsi.

Ma è tutto vero? Davvero Scuola, imbrattata in questo modo, hai sepolto anni di civiltà e cultura liberale, e ti presenti così, impudica dinanzi al pubblico, ostentando le oscenità di un costume di scena che poco lascia all’immaginazione?

Assunta per la composizione di un quadro dalle tinte europeiste, capitaliste e neo borghesi,  Scuola si è messa in posa per sembrare seducente, smaltata con tinte innovative e rivestita di ideologie buoniste, e oggi appare su tutti i giornali come la modella più pagata del momento, quella che questo governo, quello di Renzi e dei giocolieri  assiepati sul suo carrozzone, ha definito “Buona”.

Scuola, sei dunque Buona, dicono, e se da un lato si può apprezzare il travestimento mendace della persuasione demagogica, dall’altro non resta che sorridere, pensando alla “buona” sorte che toccherà a tutti i docenti italiani. Sì, perché mentre Scuola si fa pagare per i suoi ritratti inquietanti, seguendo le carovane circensi dei suoi pigmalioni, i docenti vengono risucchiati dentro una grande lotteria nazionale, anche se non è Capodanno ma solo un torrido Agosto nel quale, ad essere Assunta, per la precisione e senza nessuna intenzione blasfema, è tecnicamente solo la Beata Vergine Maria.

Ogni estrazione sarà un dolore, e non ci stiamo riferendo ai molari.

“Saremo deportati!” urlano i precari della scuola, precari che, per decenni, lo Stato ha pensato bene di tenere in panchina con contratti a tempo determinato; ed ecco fumeggiare le tinte dello stile Munch, come in un tramonto terribile, attorno alla modella Scuola, che intanto ancora sorride in posa e non si accorge che l’impiastro di collagene e cemento si sta sgretolando pietosamente.

Il sorriso lentamente diviene l’urlo. Il pubblico, solo per aver pagato il biglietto, resta a mirare l’orpello.

Estratti alla lotteria, intanto, come palline impazzite in stato gassoso, gli insegnanti saranno costretti a molteplici mobilità, che li traghetterà da Oristano a Biella senza soluzione di continuità.

E mentre qualcuno sospetta che il termine “deportazione” non sia corretto nei confronti della memoria storica della Shoah, qualche giornalista si fa portavoce delle disquisizioni sterili dell’invidioso popolino che da sempre ama la caccia alle streghe; intanto i docenti italiani vengono per giorni e giorni ricattati e insultati nella loro probità intellettuale, mentre i tecnici del Governo decidono sul loro futuro e su quello delle loro famiglie, a colpi di chattate e click nei loro profili virtuali, senza nemmeno provare ad avere il buon senso di corredare la famigerata legge 107/2015, ambigua e senza criteri, di decreti attuativi o circolari ministeriali che rispondessero ai quesiti essenziali e talora vitali, lanciati con disperazione dai docenti italiani.

Ma Scuola, come fai a portare l’appellativo di Buona, sdentata come sei, con i denti d’oro pagati con gli stipendi dei docenti, i più bassi della categoria in Europa, come fai a metterti impettita con i tuoi seni cadenti che allattano le voglie di gloria dei nostri politici affamati, come fai a sentirti modella, tu che sei esempio della volgarità e della incompetenza?

Ma cosa ha da essere “buona”,  una Scuola che ricatta i suoi insegnanti?

Il fatto è che gli ideali non si installano sopra i pasticci già compiuti.

Si dovrebbe ricominciare dal basso, con un’operazione induttiva che abbia l’umiltà di procedere dall’osservazione anziché dagli assiomi; si dovrebbe forse pensare al  plasmare una forma che si è perduta nel tempo, cotta fino a bruciare ad opera di riforme e ministri  di qualunque appartenenza ideologica e politica, la cui unica finalità è sempre stata quella di accondiscendere ai potentati del momento, vendendo allievi e alunni alla lobby di turno più prestigiosa.

Che fine che hai fatto, Scuola, sul piedistallo della vergogna pubblica, oggetto pretestuoso di sguardi ammiccanti, pietosi, a tratti perversi. E continui a sorridere, inebetita, mentre ti stanno privando pure della più comune delle carte, quella dell’identità.

Facciamo chiarezza: la riforma non nasce per bontà, ma per necessità di obbedienza.

Quando la Corte Europea ha sanzionato l’Italia per abuso di docenti “precari” nel mondo della Scuola, i docenti hanno esultato, pensando alla fine della loro coatta latitanza nel mondo dei contratti a tempo determinato, mentre lo Stato ha risposto con l’orgogliosa ripicca del bambino rimproverato dalla mamma.

Ed ecco sfornata la più bella e stupida delle leggi, quella che forse eviterà le sanzioni europee ma che con evidenza assoluta mostra, almeno nei metodi e nei criteri, di non saper gestire le risorse occupazionali del Paese, che  semplicemente  taglia alla radice, come gramigne infestanti e superflue.

Sì perché, tornando al nostro bel quadro espressionista, Scuola  è macchiata da luci e ombre che giocano la loro partita con una dialettica inquietante. Sì, perché quando in un quadro dominano i chiaroscuri, c’è da chiedersi quali siano le ragioni per cui le zone d’ombra siano così imperanti.

Non si scorgono le fonti di luce e i chiaroscuri diventano stonati e dissonanti, creati senza ossequio stilistico e senza priorità ai colori complementari, il che rende le ombre mostruose e sproporzionate rispetto ai corpi principali.

E presto il quadro con modella Scuola diventa un infestato e incantato paesaggio di nani e gitane:

politici e sindacati addormentati  stile Biancaneve, obliati da pozioni narcotizzanti fornite dai pusher del guadagno, e poi ci sono loro, i “precari”, i mostri infernali danteschi, trasformati in balle gassose nel ruotante meccanismo della lotteria di Agosto.

Non solo per la trasmigrazione di anime e per la mobilità coatta che costringerà gli insegnanti alla “peregrinatio”, ma anche e forse ancor di più, per le  temibili “deleghe in bianco” assunte dal Governo. Cosa siano poi tali deleghe in bianco, i precari lo scopriranno solo vivendo, una volta estratti dal boccione della lotteria, come premio per la grande vittoria: lo Stato deciderà contratto ed emolumenti?

In pratica lo Stato assumerà il povero precario e solo dopo informerà il fortunato vincitore circa la sua destinazione siderale e le sue condizioni lavorative. Piuttosto che alle tabule rase aristoteliche, sulle quali scrivere i primi passi di un sapere equilibrato e tendente alla verità, queste deleghe in bianco  somigliano più alle tavole di prescrizione ai tempi dell’ostracismo.

I precari affranti giurano vendetta e promettono di ricorrere al contenzioso giudiziario che si abbatterà come scure sul Governo/ Biancaneve (sperando non di risvegliarla dal suo truffaldino torpore ma piuttosto di decapitarla).

Ed ecco completato con la firma del pittore, il quadro della Buona Scuola: travestita da donnaccia, che crede ancora di essere buona, messa sul piedistallo da un artista perverso, che per ritrarre la Madonna più bella e falsa che ci sia, ha imbrattato pure la Costituzione.

Scuola, l’ultimo appello i precari possono rivolgerlo proprio a te, al fatto, e non è poco, che tu sei  e resti una donna: forza, adesso spogliati feroce, togliti questi panni criminali, non cedere alla lusinga dell’uomo, liberati da lui e dalle sue manie, torna pura, strappati la parrucca, dilania con morsi la tua maschera, nuota nei prati e corri sull’acqua, ricordati di come eri prima di essere assunta nel grande circo. Esci dal quadro di Munch, lascia marcire nei musei i tuoi pittori, scendi a parlare con la gente, Scuola!

Scuola, scappa da questa banda gitana, tu non sei Buona, tu sei come sei, pure con le tue cattiverie e le tue nudità oscene, resti Bella, non Buona. I giudizi di valore si danno alle cose, non alle donne.

 Tu non sei di nessuno, tu sei di tutti, innanzitutto tu sei Tua!

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