Il thriller però intriga di più per quel sottile o marcato senso dell’orrore omicida che si respira, e anche per il fatto che non di singolo assassinio si tratta, ma di omicidio seriale, il serial killer è protagonista.
Il libro dell’esordiente scrittrice inglese Belinda Bauer, Blacklands, è un riuscito psichothriller che ci fa correre un brivido lungo la schiena per tutta la durata della lettura. Non accade nulla in realtà. Nulla che possa sconvolgere la percezione immaginativa del lettore, nessuna ‘crime scene’ descritta crudamente. Eppure, nell’inoltrarsi della lettura e della scrittura, il respiro si fa affannoso, l’attesa diventa palpabile, sembra di respirare la fitta nebbia degli scenari di brughiera descritti e rimanerne quasi soffocati. Suspense, insomma!
Il racconto procede attraverso lo sguardo di un ragazzino di 10 anni, a cui la vita, quella vera fatta di calore, affetto e gioco, è stata sottratta ancora prima che nascesse, quasi come una retribuzione di colpa generazionale. Circa 20 anni prima suo zio, fratello della mamma, zio Bill, quando aveva più o meno la sua età, un giorno non era tornato a casa. La madre, nonna del protagonista, Steven, da quel momento non ha smesso un solo giorno di attenderlo alla finestra, dimenticando di avere un’altra figlia e più avanti dei nipoti. L’attesa era continuata anche dopo la certezza che Bill era stato vittima, come altri ragazzini della sua stessa età, delle attenzioni morbose di uno psicopatico individuato e arrestato, e che quindi era morto. Lei, la nonna, aveva continuato ad attenderlo alla finestra, forse per non impazzire di dolore, ma sicuramente togliendo a tutto il resto, a sua figlia, ai suoi nipoti, qualsiasi sguardo o gesto che potesse farle sentire la colpa di non conservarla per suo figlio Bill, quando fosse tornato.
Una vita in apnea dunque, che toglie il respiro anche a Steven. Lui vorrebbe un affetto, di una madre e di una nonna(visto che il padre non ce l’ha), che lo faccia sentire vivo nonostante la vita grama in una casa malandata e umida, da cui si porta addosso un puzzo di muffa che lo distingue e lo identifica agli occhi di tutti, professori e bulli del paese. Steven ‘sa’ che tutto può tornare normale se il corpo di suo zio viene trovato. Solo così sua nonna potrà avere pace. Steven ‘sa’ che è LUI a dover fare qualcosa. Il suo desiderio di ‘normalità’, di amore, gli dà la certezza di dovere e potere uscire da quel limbo di sofferenza. Lui DEVE trovare quel corpo. Sente questo dovere come se fosse la sua espiazione di una colpa altrui. E cerca, scava nella brughiera dove sono stati trovati gli altri corpi. Senza sosta scava, a dispetto degli insuccessi che accumula. Steven però riesce bene anche nella scrittura di lettere, sa scrivere delle lettere brevi, concise ma significative. Perciò decide di rivolgersi direttamente a lui, al killer che ha adescato e ucciso zio Bill. Il killer ora è in carcere, no, non più quello di massima sicurezza, perché ha avuto sempre un comportamento esemplare. Ora può ricevere lettere….
Una scrittura acuta, tagliente e sintetica, pur rimanendo ampia e molto connotativa, rende accattivante una storia che tocca temi scabrosamente ‘orrificanti’, quale quello della pedofilia e del bullismo, ma soprattutto le dinamiche di potere e dipendenza che si sviluppano nella relazione vittima/carnefice. Nello sviluppare tali dinamiche, la scrittrice riesce davvero magistralmente a descrivere senza toccare corde troppo dolorose, permettendoci di riconoscere con esattezza di emozioni ciò che in ogni relazione può essere identificato come rapporto di potere/dipendenza, con tutte le implicazioni di manipolazione, dominio o acquiescenza e resistenza passiva che vi si possono riconoscere e sviluppare. La struttura narrativa sempre precisa e scarna, insieme a un lessico molto ‘climaticamente’ connotato, consentono all’autrice di andare dritto al cuore delle cose senza strascichi di brutta retorica che i temi toccati potrebbero comportare. Come dire che …affonda il coltello nella ferita senzafarla sanguinare. Il brivido, che comincia a formicolarci addosso dopo poche pagine, ci rimane sulla pelle per tutta la durata di questo bel thriller psicologico d’esordio.