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La vera storia di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria

 

Capita a volte di riprendere in mano un libro letto tanti anni prima, e di trovarvi qualcosa in più, una suggestione nuova, diversa da quella suscitata dalla prima lettura. Il proprio tempo interiore, quello storico e politico, sono cambiati, perciò la lettura che se ne fa è diversa, diversi gli spunti di riflessione.

 

11 Mar 2015 0 comment   Feronia

 

'La vera storia di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria', di Guido Ceronetti, fu pubblicato da Einaudi nel 2000, Collana Coralli. E in quell’anno lo lessi, con la curiosità per le storie 'scavate' dall’oblio e fatte rivivere. Ora l’ho riletto con la stessa curiosità arricchita da un interesse forte per i motivi di quell’oblio, a cui Guido Ceronetti la sottrae con l’arte di una scrittura romanzata e attraente.

È la storia di un omicidio. Una mattina di agosto del 1930, in pieno regime fascista, a Torino, una donna, Vittoria Nicolotti, detta la Falena dal nome del negozio di abbigliamento per bambini che gestiva, viene trovata nel suo letto con evidenti segni di strangolamento. Questo il fatto. Quando verso la sera del medesimo giorno i poliziotti fermano un’altra donna, Rosa Vercesi, nota come 'truffatrice' agente di cambio, tutto comincia ad assumere i connotati di un 'fattaccio'.

Il 31 dicembre dell’anno successivo, 1931, Rosa Vercesi viene condannata all’ergastolo, e solo nel 1959 il presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, firma il decreto di grazia, già rifiutata per tre volte. Nel 1981 Rosa Vercesi, in preda a frequenti momenti di follia in cui sicuramente rivede la sua amica Vittoria e le parla, muore.

Questi i momenti essenziali di un racconto che diventa avvincente per altri sottesi sospetti, per altri argomenti sottaciuti nel tribunale che esaminò la sua storia.

Sul seno di Rosa furono trovati graffi terribili, che lei definì ricevuti 'nello spasimo della congiunzione', attribuendoli però al suo amico Arturo. Il quale, però, negò. Ecco, in quelle parole era la verità della notte tra il 19 e il 20 agosto in casa e nel letto di Vittoria. Non fu omicidio premeditato, non c’erano i moventi del tentativo di furto, che le furono dati come aggravanti a causa del suo passato e di problemi economici avuti pure con Vittoria. Forse ci fu l’aggravante della bianca polvere annusata che rese più 'spasmodica' la congiunzione. Sicuramente Rosa dovette negare il delitto fino alla fine, non avrebbe potuto godere delle attenuanti dovute a un uomo che fosse stato al suo posto. E soprattutto non poteva dire che Vittoria, la Falena che vestiva i bambini di Torino, la dolce e delicata Vittoria, non aveva amanti uomini, ma donne, che Vittoria amava Rosa pur senza esserne riamata. Le voci che correvano come sussurri sui fatti che stavano 'dietro', non potevano trovar credito nella Torino e nell’Italia fascista e perbene.

Così Rosa Vercesi pagò con la vita, trascorsa per metà in carcere e per metà in un mondo allucinato della sua mente, non solo un delitto non premeditato, ma il silenzio e l’oblio in cui quella storia doveva necessariamente cadere.

Forse è questo il motivo per cui ora, in un tempo storico, politico e personale diversi, ritengo di voler sottoporre all’attenzione dei lettori questo piccolo libro, in cui l’autore si sforza di far luce su una storia fosca, certo, ma non per i motivi per cui tale veniva definita allora, fosca perché taciuta.

Guido Ceronetti riesce a farci arrivare qualcosa in più dell’ufficialità istituzionale, perché, dice, 'ho lavorato con pazienza, ho spogliato senza brutalità le case. La verità non fa male alle ombre'.

 

 

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